LE REGOLE DI PITER

Un simpatico ricordo. 

Le regole che un ristoratore di uno sperduto paesino della romagna toscana teneva esposte in un quadretto bene in evidenza nel suo locale. Avanti negli anni, un bestione che sarà stato un metro e novanta per cento chili, modi burberi -ma si vedeva che aveva un gran cuore-  ti portava porzioni da camionista di tortelloni al ragù e tubi di lambrusco come se tu fossi un alpino, senza che tu li ordinassi, appena vedeva che il tuo era vuoto. Si chiamava Pietro, lo chiamavano Piter, e lui così si firmava, con la i.


Un piatto di minestra, un bicchiere di vino, un caffè e una sigaretta, sono disponibili sempre, anche per uno sconosciuto, che non possa pagare, purché non sembri un barbone (per una questione di immagine del locale). Il conto può metterselo in tasca e uscire senza pagare. Per una volta. Sarò più felice per lui che per me il giorno che si presenterà a pagare.

Per un amico in difficoltà, invece, ci sarà anche una stanza, ma non l’ultima libera, con trattamento di mezza pensione, fino ad una settimana. Per il conto, stesse regole del ristorante. E sempre solo per una volta.

Comunque, non considererò quei conti come crediti da riscuotere. Mai.

I soldi invece sì. 

Perché se un amico mi chiede soldi in prestito, impegnandosi a restituirli appena possibile, e io glieli dò, ma lui non me li rende, appena ne ha la possibilità, lo cancello dall’elenco degli amici, e se mi tira il culo vado anche al recupero. Pochi o tanti che siano, quei soldi, non importa. È una questione di dignità (per lui) e di rispetto (nei miei confronti).


(Piter di Dovàdola)

Gli articoli più letti

PRESEPI E BUROCRAZIA

DI COSTELLAZIONI SATELLITARI

MMCS - communicatio dpt