UNA STORIA DI FAMIGLIA COMINCIATA UN SECOLO FA
Un fatto accaduto oggi tra me e mio figlio quattordicenne mi ha fatto tornare in mente una vecchia ‘storia di famiglia’, cominciata nel 1926, quasi un secolo fa, dall’altra parte dell’oceano.
Il fatto odierno. Mio figlio Luca mi ha ringraziato perché gli avevo permesso di assentarsi per due giorni (ieri, giorno del suo quattordicesimo compleanno, ed oggi) per trascorrerli con la sua ragazza, invece che con me.
Era anche reduce da una sfuriata di sua madre per via di certi risultati scolastici non edificanti, e se fosse capitato che questi due giorni avessero fatto parte del calendario assegnato a lei (con sua madre siamo separati) non avrebbe ricevuto il consenso di allontanarsi da casa.
Il fatto che sembra segnare l’inizio della ‘storia di famiglia’ invece è del 1926, ed accadde a Scranton, in Pennsylvania, negli Stati Uniti, dove nacquero e vissero mio padre e mio nonno.
Il Father's Day (la festa del papà) si festeggia, negli Stati Uniti, la terza domenica di Giugno.
Nel 1926 capitò il 20 giugno, giorno di Sant'Ettore, onomastico di mio nonno, di cui porto nome e cognome.
Alla cerimonia tenutasi nella Scuola che frequentava allora suo figlio (mio padre) gli chiesero di dire qualcosa (Hector on stage! Ettore sul palco!)
Non conosco tutto il (penso breve) discorsetto che fece, ma se ne tramanda (in famiglia, tra gli amici ed i parenti americani) la parte che segue:
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"Le feste sono una cosa importante nella vita degli uomini. Sono pietre miliari, che ci aiutano a ricordare. Il Natale del '21, piuttosto che l'Indipendence Day del '20. Oppure, ci diciamo: 'ti ricordi quando, in occasione del nostro ottavo anniversario di matrimonio, organizzammo quel barbeque con tutti quegli amici?', e così via.
Leghiamo spesso, insomma, i nostri ricordi alle feste. Oggi, per esempio, è il mio name-day [onomastico] e coincide, quest'anno, col Father's day [festa del papà]. Io non potrò dimenticarlo, in futuro.
Spero che la ricorderete anche voi, ma più di tutti spero che siano i nostri figli, che vedo, felici, giocare, mangiare e correre su questo grande prato, a ricordare la festa di oggi.
Perché se è vero, ed è vero, che ai nostri eaglets [aquilotti] dobbiamo fornire ali per volare, per andarsene in giro per l'America e per il mondo, è altrettanto vero che dobbiamo fornirgli ricordi per tornare, ogni tanto, da noi.
Ecco, io spero che un giorno, ad ognuno dei nostri eaglets, dovunque siano, torni in mente questa bellissima giornata, la loro Scranton, i loro amici, e venga loro anche una gran voglia di venire a trovare i loro vecchi, mamma e papà!"
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Sono nato quando mio nonno già non c'era più, ma mia nonna ha vissuto con noi fino alla sua morte, ed ho sentito più volte questo racconto.
Esattamente a questo punto del racconto la nonna si commuoveva, e, mischiando inglese ed italiano, raccontava come tutte le mamme e i papà si erano commossi, alle parole del nonno, e le mamme andavano ad abbracciare i figli, e i padri guardavano, orgogliosi, mogli e figli, ed andavano a stringere la mano al nonno, complimentandosi con lui per le belle parole che aveva detto.
Mio padre, ad esser sinceri, confessava di non aver memoria di quella specifica giornata (era un bambino di dieci anni), ma ne aveva sentito parlare tante volte, ed evidentemente condivideva il concetto.
Mia madre era severa, ed usava ed abusava, come molte mamme, delle punizioni con 'divieto di . . fino al . .', o ‘ti tolgo . . , fino al . .)
Marachella? Non esci dal giardino di casa per tre giorni. Più grave? Per sei giorni.
Oppure: 'Ti avevo vietato di frequentare Tizio (piuttosto che Caio)! Racchetta da tennis sequestrata per due settimane!’. E così via.
Allora interveniva mio padre, che si guardava bene dal discutere con mia madre, ma, per farmi uscire, nonostante il divieto, mi dava un lungo elenco di commissioni da fare, che in realtà non richiedevano più di mezz'ora, dicendomi con voce severa, ma strizzandomi l'occhio: 'non metterci più di tre ore, per fare tutto, mi raccomando! Sennò è la volta che mi arrabbio!'
Io rientravo puntuale, dopo aver fatto, oltre le commissioni, anche una partita a tennis con gli amici e, mentre gli consegnavo gli acquisti, sussurravo un 'Grazie, Pà'.
E lui: 'Figlio mio, un padre deve dare ad un figlio ali per volare, e ricordi per tornare! Spero tu ti sia divertito.'
Io, sapendo che gli avrebbe fatto piacere: 'Il nonno disse, per essere precisi, dobbiamo fornire ai nostri aquilotti ali per volare'.
Rispondeva, sorridendo: 'Sulla bandiera della Pennsylvania c'è l'aquila (1), su quella dell'Umbria no'.
Quando si dice ‘il sangue non è acqua’, in realtà non si parla di quel liquido rosso che scorre nei nostri vasi sanguigni. E’ la storia, la cultura, le tradizioni familiari, gli insegnamenti che i genitori tramandano ai loro figli.
(1)
Lo stemma della Pennsylvania, emblema ufficiale dello Stato, rappresentato anche sulla bandiera, raffigura uno scudo dorato sulla cui sommità è posta un'aquila con la testa bianca.