INCREDIBILE MA VERO. NEMMENO LA CITTADINANZA STATUNITENSE È PIÙ SUFFICIENTE PER VIVERE TRANQUILLAMENTE NEL REGNO DI TRUMP
di Gerardo Pavone
Oggi ho provato sulla mia pelle l'America di Trump.
E credetemi, fa paura.
Tornavo a casa in Michigan, in auto, da un week-end trascorso con mio figlio che vive a Toronto, in Canada.
Al controllo passaporti americano a Detroit, dopo avere controllato il mio documento, un passaporto americano (io sono anche cittadino degli Stati Uniti) mi chiedono perché sono andato in Canada. Spiego che sono andato a visitare mio figlio che insegna all'Università di Toronto. Mi domandano dove abito. Dichiaro il mio indirizzo e aggiungo che vivo negli Stati Uniti da 25 anni. Con il mio passaporto in mano incominciano a battere ripetutamente e a lungo sulla tastiera del computer. Alla fine mi danno il passaporto e mi dicono di parcheggiare l'auto in un'area riservata.
Arrivano tre poliziotti che mi ordinano bruscamente (non chiedono, letteralmente ordinano) di uscire dall'auto. Mi tolgono il passaporto. Mi tolgono il cellulare. Mi tolgono le chiavi dell'auto. Mi tolgono il portafoglio. Senza la minima cortesia, senza un "please". Poi mi ordinano di rovesciare le tasche per controllare se nascondo qualcosa. Quindi mi indicano una porta. Entro e mi lasciano a sedere in un grande stanza per circa 20 minuti, senza dirmi niente. Sono stati, non lo nascondo, attimi in cui ero davvero spaventato. Senza documenti, senza telefono per chiamare qualcuno, senza portafoglio. Senza niente. Senza sapere perché tutto questo stava succedendo. Ero completamente in loro potere. Alla fine arriva un poliziotto con in mano il mio passaporto, che mi porta nel suo ufficio, mi fa qualche domanda, e si mette a scrivere per diversi minuti sul computer (cosa ha scritto? Ah, saperlo . . .). Poi mi restituisce il passaporto e mi dice che posso andare. All'uscita trovo la mia auto con il cofano del motore aperto. Il bagagliaio aperto, con dentro la mia valigia, aperta. Tutti i finestrini abbassati. All'interno, il cassetto del cruscotto aperto, i documenti dell'auto sparsi nel cassetto. Persino gli occhiali da sole estratti dall'astuccio. I poliziotti mi ridanno le chiavi, il cellulare, il portafoglio e mi dicono che posso andare. Chiedo cosa è successo. Non mi rispondono. Non si scusano. Mi indicano l'uscita che devo prendere con l'auto. Richiudo il cofano, il bagagliaio, la valigia, e metto in ordine il cassetto del cruscotto. Nessuno mi aiuta. Vado via. Non fanno alcun gesto di saluto.
Vivo in USA da 25 anni. Sono uscito e tornato infinite volte. Non era mai successo . . .
