SANT'ANTONIO L'EGIZIANO
Negli anni '80 del secolo scorso, quando lavoravo per una compagnia di pesca industriale, uno dei miei compiti era procacciare concessioni di pesca nelle acque territoriali dei vari paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Quando approcciai le autorità libanesi per l'ottenimento delle concessioni di pesca, chiesi, ed ottenni, un incontro con i vertici maroniti antoniani.
In Libano, come forse sapete, vige una regola, non scritta, ma sempre rispettata, fino ad oggi, dal 1943, anno in cui tale accordo informale venne stipulato, che prevede che le più alte cariche dello stato siano divise tra i principali gruppi religiosi: il Presidente della Repubblica, cattolico maronita antoniano; il primo ministro, musulmano sunnita; il presidente del parlamento, musulmano sciita; il comandante delle forze armate libanesi, cattolico maronita antoniano; altri alti funzionari, greco-ortodossi o drusi.
Ecco perché avevo cercato un contatto con il gruppo cattolico maronita.
Fu un incontro informale, propedeutico a quelli ufficiali, che si sarebbero tenuti nei giorni successivi: un pranzo, alla mensa del convento di Saint Roch di Dekwaneh, a Beirut, da secoli sede generalizia dell'Ordine. Sei fratoni più il sottoscritto ed il mio assistente.
Menù tipico libanese: hummus (ceci), agnello e capretto, aglio, olio e succo di limone in quantità, e pane basso, tipo ftira maltese.
All'inizio la conversazione fu piuttosto fredda, o comunque molto formale. Come mai un italiano a dirigere un settore così importante di quella multinazionale; da dove venivo; e così via. Approfittai della domanda per affermare che provenivo da una città dove il culto di Sant'Antonio era molto diffuso. Immediatamente mi fu precisato che sapevano che Sant'Antonio da Padova era molto venerato in Italia, ma non era il loro Sant'Antonio, che era invece Sant'Antonio l'egiziano, colui che aveva fondato il monachesimo cristiano diciassette secoli prima.
Estrassi, dal mio portafoglio, un santino di Sant'Antonio abate, con tanto di bastone, porcellino e carnagione scura, a testimonianza che anche a noi eugubini capitava spesso di dover chiarire la differenza con il Santo padovano.
E a quel punto raccontai la barzelletta del pilota di un bimotore a cui si spegne prima il motore di destra e poi quello di sinistra, e che, mentre l'aereo precipita, invoca: 'Sant’antonio mio, salvami tu!".
All'improvviso, tra le nubi, appare una grande mano che si posiziona sotto la carlinga dell'aereo, sostenendolo; il volo si stabilizza, e, senza motori, sostenuto da quella grande mano, l'aereo vola tranquillo verso l'aeroporto più vicino. Il pilota, con le lacrime agli occhi per l'emozione, guardando, sotto di lui, quell'oceano nel quale solo un minuto prima stava per precipitare, esclama:
"Grazie, Sant'Antonio, domani stesso verrò a Padova e riempirò la Basilica di gigli!"
La mano miracolosa svanì improvvisamente, e l'aereo cominciò di nuovo a precipitare.
The miraculous hand suddenly vanished, and the plane began to fall again!
Dopo l'again ci fu un secondo di silenzio. Poi il capo delegazione, Padre Marcel, scoppiò a ridere, seguito da tutti i suoi confratelli.
Da quel momento l'atmosfera si scaldò; un ottimo Chateau Musar rosso, precedentemente scaraffato, accompagnò agnello e capretto, e la strada verso le concessioni di pesca, fino ad un'ora prima così in salita, mi apparve in discesa come la calata
dei neri!
