DELL'INFAMITÀ DELLA RICOSTRUZIONE


Comincia a girare, nei salotti del potere, nei briefing degli operativi delle multinazionali, nelle riunioni degli organismi politici internazionali, e in quelle dei think tank, la parola ricostruzione.


Sono gli sciacalli, quelli che si tengono lontani dai combattimenti, ma che arrivano per primi, appena finita la guerra, per spolpare i cadaveri, appetizers dei lauti pasti che arriveranno con LA RICOSTRUZIONE.

Quelle all’Ordine del Giorno sono la ricostruzione dell’Ucraina e della Palestina.

Mi viene in mente il buon Trilussa, e la sua ‘Ninna nanna de la guera

. . . . . . . . .

Chè quer covo d'assassini

che c'insanguina la tera

sa benone che la guera

è un gran giro de quadrini

che prepara le risorse

pe li ladri de le Borse.


Ma chi non fa parte di quel covo d'assassini e di ladri non può fare a meno di chiedersi come si potranno ricostruire decine, centinaia, di migliaia di vite umane, di ricordi, di piccole e grandi storie, di cui è fatta la Storia.


Vorrei . . .

pijà sonno, e addormimme, 

pe nun vedè

tante infamie e tanti guai

che succedeno ner monno

fra le spade e li fucili

de li popoli civili.


Ma quindici lustri fanno settantacinque anni, e alla mia età si dorme poco. 

E si pensa tanto.

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