NETANYAHU DEVE LASCIAR LIBERO ISRAELE
Queste leggi, sebbene non formino un testo costituzionale unitario, sono considerate la base di quello che noi chiameremmo il diritto costituzionale israeliano, e, nella gerarchia delle fonti, sta sopra a tutte le altre norme di grado inferiore, che non possono quindi contrastare le norme contenute nelle fonti di grado superiore [le leggi fondamentali].
Scopo di questa premessa è fare comprendere quanto sia vano raccontare la Storia dello Stato di Israele prima del 2018, una manciata di anni fa, quando Netanyahu riuscì a far approvare una nuova legge fondamentale dello Stato-Nazione del popolo ebraico.
L’articolo 1, lettera ‘b’ proclama Israele “Stato-nazionale del popolo ebraico, nel quale esso realizza il suo diritto naturale, culturale, religioso e storico all’autodeterminazione”.
Tale legge fondamentale sancisce la valorizzazione del tratto ebraico dello Stato in due modi differenti.
Il primo, senza porsi problemi di riconoscimento di garanzie individuali e collettive, interessa il riconoscimento ufficiale del tricolore orizzontale con la stella di David al centro, della menorah come emblema dello Stato, dell’Hatikvah come inno ufficiale, di Gerusalemme come capitale, e la valorizzazione dell’immigrazione ebraica e la connessione spirituale e culturale con gli Ebrei della diaspora.
Il secondo evidenzia un riconoscimento che àncora l’identità collettiva dello Stato a concetti ed istituti specifici chiaramente lesivi della uguaglianza sostanziale tra i cittadini.
E cioè:
- il diritto di autodeterminazione, esplicitamente riservato soltanto al popolo ebraico, e non, per esempio, ad un arabo, o ad un islamico, o ad un cristiano, o a un indù.
- il riconoscimento dell’ebraico come unica lingua ufficiale;
- il diritto all’insediamento nei cosiddetti territori occupati che, ex articolo 7, è presentato come un valore nazionale.
Sbagliamo, pertanto, a credere che Netanyahu goda del favore della maggioranza dei cittadini israeliani. In realtà Netanyahu applica la Legge Fondamentale del 2018, strafregandosene del fatto che solo il 73,6% della popolazione è costituita da ebrei [che peraltro non sono certo tutti dalla sua parte, dal punto di vista etnoculturale], mentre il 21,1% sono arabi israeliani e il restante 5,3% membri di altri gruppi etno-religiosi-culturali.
In Israele sono attualmente 15 i principali partiti in Parlamento:
Nel centrosinistra:
1. Partito Laburista Israeliano, sionista socialista, socioliberale e socialdemocratico
2. Meretz, socialista democratico, socialdemocratico, ambientalista, laico e sionista socialista.
Nel centro:
3. Partito dell'Indipendenza, centrista e sionista
4. Kadima, centrista, sionista e socio-liberale (scioltosi de facto nel 2015)
5. Hatnuah, liberale, socioliberale, progressista, laico e ambientalista.
Nel centrodestra:
6. Likud, liberal-conservatore, sionista e nazionalista
7. Israel Beytenu, liberal-conservatore, nazionalista, sionista di destra, laico
Nella destra religiosa ebraica:
8. Shas, conservatore, nazionalista, religioso sefardita
9. United Torah Judaism/Yahadut haTorah, religioso basato sulla Torah
10. Unione Nazionale, religioso, nazionalista
11. Casa Ebraica, religioso basato sull'ebraismo ortodosso moderno
Nella sinistra radicale:
12. Hadash, coalizione di sinistra radicale, socialista araba, composta da: Partito Comunista di Israele, Comunisti, Marxisti, Antisionisti.
13. Pantere Nere, gruppo di sinistra radicale.
Partiti arabi:
14. Lista Araba Unita, filo-arabo-israeliano.
15. Balad, filo-arabo-israeliani, antisionista, filo-palestinesi.
Tutto ciò per 10,02 milioni di abitanti, il 27% dei quali non ebrei, che, per la Legge Fondamentale del 2018, sono cittadini di serie B.
Pertanto, lo Stato di Israele è solo in teoria una Repubblica democratica parlamentare, e se invece vorrà essere considerato tale, dovrà modificare alcune sue Leggi Fondamentali; prima, quella del 2018.
Se ciò non avverrà, Netanyahu avrà negato il diritto di piena cittadinanza al 27% degli attuali cittadini israeliani, e -quel che è peggio- avrà chiuso il popolo ebraico, di nuovo, in un ghetto.
Parola orribile, che nel terzo millennio nessuno vuole più sentire pronunciare, se non nei libri di Storia.
